Quello fra grafologia e criminologia si sta rivelando sempre di più un rapporto fecondo, che configura la prima come disciplina investigativa a pieno titolo.
Da un punto di vista “morettiano” (cioè secondo la grafologia elaborata dal Moretti), l’analisi degli aspetti “disintegranti” (quelli che possono portare a comportamenti devianti) scaturisce dall’individuazione della “passione predominante”, “fulcro dinamico che sintetizza l’unicità di un individuo nei suoi istinti di base” (Isabella Zucchi). Gli istinti menzionati corrispondono ai tre istinti fondamentali individuati dal Moretti, vitale, sessuale e psichico. Quando uno di essi è presente in forma eccessiva o non armonizzata con gli altri, si creano i presupposti affinchè si sviluppi un comportamento deviante.
Fra i casi più tristemente noti degli ultimi 20 anni, la grafologia forense ricorda quello del mostro di Foligno.
Nel 1993, Isabella Zucchi viene incaricata dalla Procura di Perugia di redigere una perizia su due biglietti firmati “Il Mostro”, sedicente opera dell’assassino di un bimbo di 4 anni, Simone Allegretti. I messaggi contengono una profezia sinistra: se le forze dell’ordine non interverranno in tempo per fermarlo, il Mostro ucciderà nuovamente.
L’analisi della Zucchi fa emergere una personalità “instabile, eccitabile e reattiva”, caratterizzata da “congestioni emotive che portano alla depressione”, “un’ossessione sul piano degli istinti”. Concludendo, la grafologa scrive che l’autore dei biglietti è “una persona con pesanti e arcaici problemi affettivi”.
Purtroppo la profezia si compie prima che l’autore del delitto venga identificato: nell’agosto del 1993, dieci mesi dopo aver ucciso Simone Allegretti, il Mostro uccide Lorenzo Paolucci, 13 anni. Quando l’autore dei due omicidi viene infine identificato in Luigi Chiatti, venticinquenne di Foligno con un passato pesante, il profilo descritto dalla Zucchi si rivela in tutta la sua inquietante corrispondenza.