Sebbene sia specializzata per intervenire in caso di disgrafia e non di dislessia, la mia laurea in Lingua e Letteratura Inglese, unita alla mia esperienza di insegnante (di lingua inglese e francese) e a una buona dose di curiosità innata, mi ha portato ad approfondire gli aspetti inerenti il rapporto tra dislessia e difficoltà in inglese.
Tra dislessici e lingua inglese vige, infatti, un rapporto difficile. L’inglese è una lingua “opaca”, una lingua, cioè, che a differenza dell’italiano (dello spagnolo e del tedesco) presenta numerose differenze tra come si scrivono i suoni e come si pronunciano (differenze grafema – fonema).
Per chi volesse approfondire la questione (e masticasse un buon inglese), consiglio l’ottimo testo di Pamela Kvilekval, Insegnare l’inglese ai bambini dislessici (edit. Libri Liberi, 2007).
Va detto che molti esperti di dislessia, pur conoscendo a fondo il problema, non dominano bene l’inglese e possono dunque trovarsi nei guai se un dislessico chiede loro aiuto per superare le sue difficoltà nella lingua. E’ auspicabile, in questi casi, che l’esperto operi in stretta collaborazione con un professionista che conosca da un lato perfettamente l’inglese e dall’altro le difficoltà che i dislessici possono incontrare nel suo studio. Tale professionista dovrà, ovviamente, conoscere anche le strategie d’intervento adottabili in questi casi (giochi fonologici ecc.).